Pietro Martire d'Anghiera

Pietro Martire d’Anghiera nacque ad Arona nel 1455 nella casa all’inizio della piazza del Porto o del Mercato all’angolo fra la contrada Roveretta (o Rogoleta) e la ‘ruga orba’ sulla discesa del Carrale ( attuale via Pertossi). La casa pare avesse allora un portico, poi scomparso in rimaneggiamenti successivi (P.A. Frigerio, in L’umanista Aronese Pietro Martire d’Anghiera, p.67 – 1992).

Madre Angerese traferitasi ad Arona al seguito del marito, che qui possedeva case e terreni. Da questa ascendenza materna egli venne detto ‘d’Angheria’, anche se alcuni hanno trovato collegamenti con la stirpe ‘D’Anghiera’ che avevano sepolcreto a Milano in Sant’Eustorgio ove era venerato Pietro da Verona detto martire per distinguerlo dall’apostolo. Da questo potrebbe essere derivato il nome Martire dato a Pietro (P.A. Frigerio, in L’umanista Aronese Pietro Martire d’Anghiera, p.54 – 1992).

In una lettera autografa del 13 settembre 1518 egli conferma la sua nascita ad Arona, e fa una descrizione della bellezza del borgo ed importanza del mercato, che effettivamente era luogo di scambio tra le economie del territorio del Ducato Milanese e le economie della valli alpine e della vicina Svizzera. Pietro Martire parla di mercato frequentato da ‘svizzeri di lingua francese e tedesca per scambio di merci e di un gran numero di cavalli’.

Fu educato a Milano e le sue doti morali indussero il cardinale Ascanio Sforza Visconti a portarlo al suo seguito a Roma. Qui conobbe il cardinale Giovanni Arcimboldi arcivescovo di Milano e venne introdotto nei circoli culturali della aristocrazia romana divenendo esperto di lettere ed arti ed amico dell’umanista Pomponio Leto. La conoscenza dell’ambasciatore di Spagna Enrico Lopez Mendoza conte di Tendilla portò Pietro Martire a lasciare l’Italia per recarsi in Spagna, ove si arruolò nell’esercito spagnolo e seguì la corte in alcune imprese militari, interessato dalla guerra spagnola contro i Mori.

Dopo la caduta di Granada depose le armi e, deluso dalla vita militare, prese i voti ecclesiali. Entrò nella corte spagnola come precettore istruttore di belle arti e si guadagnò la fiducia della regina Isabella e del re Ferdinando, che lo fece delegato imperiale inviandolo con successo in delicate missioni al Sultano d’Egitto ed in Palestina, ove raggiunse buoni accordi fra i cristiani d’Oriente ed i Mori. In questo frangente dimostrò spiccata sensibilità e acuto spirito di osservazione che gli consentirono di acquisire grande capacità di comprensione della mentalità dei popoli. ( P. Tosi, Storia di Arona, vol II p. 318 e seg. – 1964). Questa ambasceria fedelmente e felicemente conclusa venne esposta da Pietro Martire nei suoi tre libri ‘De Legatione babilonica’o ‘Legatio babylonica’ nel 1502, ove tra l’altro descrisse anche i paesi e le cose più memorabili da lui vedute in quel viaggio.

Ritornando da Venezia in Spagna volle fermarsi per undici giorni ad Arona per ritemprarsi dalle fatiche e scrisse ‘..volli fare una scappata ad Arona, perché lì mia madre mi aveva dato alla luce… per la frequentazione di vecchi amici e parenti…per legami d’affetto con la terra natale..’ ed inoltre scrisse anche di ‘..desiderare fortemente di essere abate della Abbazia di Arona..’. Abbazia che nella sua visita trovò molto cadente con tralasciato servizio religioso. Esecrò gli autori di tale empietà come ‘..voraci pellicani..’ che avevano ridotto il luogo sacro ad ‘…asilo di porci..’ e scrive ‘…le ossa dei beati Graziano, Felino, Carpoforo e Fedele giacciono..…per crudele incuria degli abbati dispregiate, buttate con le loro casse in un angolo ignobile…e la chiesa della medesima abbazia è diruta..’ ed ancora ‘…Ho fatto voto di operare con ogni mia forza per ottenere l’abbazia…una volta conseguito il risultato del voto avrei impiegato quei redditi nel restauro del tempio e nel dare sepoltura ai corpi santi…’ ed aggiunge ‘…mi spinge un impulso d’amore per la terra natale, così che colà sempre indirizzai gli occhi e l’animo…’ Nonostante vari interessamenti dei reali di Spagna, che avevano grande stima ed affezione per lui, onorandolo di cariche in Spagna e Oltreoceano, il suo desiderio non si realizzò perché la sua terra e l’Abbazia erano all’epoca dominate dalla potenza francese e da famiglia ad essa legata. (P. A. Frigerio, in L’umanista Aronese Pietro martire d’Anghiera, p.63-65 – 1992).

Cristoforo Colombo intanto peregrinava senza successo da una corte all’altra d’Europa, persino dal Pontefice, per spiegare e far accettare invano le proprie teorie e ottenere finanziamenti all’impresa che intendeva perseguire. Egli si recò anche alla corte di Spagna che gli diede fiducia, soprattutto attraverso la regina Isabella di Castiglia, avendone poi i benefici derivanti dalla scoperta del Nuovo Mondo. Pietro Martire divenne Consigliere alla Corte per gli affari delle Indie Orientali ed ebbe grande dimestichezza personale con i grandi navigatori Cristoforo Colombo, Amerigo Vespucci, i fratelli Caboto, Cortez. La conoscenza di queste persone e la considerazione di cui godeva a corte, gli rendeva facile accedere direttamente a documenti, alle più sicure testimonianze e memorie utili a stendere la Storia. Cercò forse anche di essere mediatore nelle incomprensioni sorte fra l’amico Colombo ‘Ammiraglio degli Oceani’ ed i reali di Spagna per motivi di titoli e rendite promessi all’Ammiraglio e non mantenuti.

L’umanista storiografo Pietro Martire scrisse un’opera monumentale ‘De rebus oceanicis sive de navigazione et terris de novo repertis’ con resoconti e mappe delle nuove terre, che fece il giro del mondo come la principale e più attendibile, minuziosa e acuta fonte storica delle imprese dei grandi navigatori. Ancora oggi questa opera gigantesca, composta dalle ‘decadi’ di dieci epistolari, gode di tale riconoscimento. Fu quindi il primo storiografo dei quattro viaggi Colombiani attraverso l’Oceano, con le diverse vicende che li accompagnarono e seguirono.

Come aveva promesso alla partenza dall’Italia Pietro scrisse, fra il 1488 ed il 1525, ottocentotredici lettere, poi raccolte nell’Opus Epistolarum pubblicato nel 1530. Esse sono importante completamento dell’opera precedente e Pietro Martire le inviò ad amici e mecenati, fra i quali il cardinale Ascanio Sforza, il conte di Tendilla, Giovanni Borromeo ed il figlio Giberto, a Pomponio Leto, al marchese di Romagnano Mercurino Arborio di Gattinara gran cancelliere di Carlo V. Queste epistole sono fonte ricchissima di informazioni sulla storia di Spagna e sulle scoperte geografiche del Nuovo Mondo ‘De orbe novo’.

L’umanista Pietro Martire compose poemetti durante il periodo spagnolo quali ‘ Pluto furens’ che celebra la resistenza dei reali di Spagna contro gli attacchi infernali di Plutone, e ‘Janus’ sulla riconciliazione fra re Ferdinando ed il genero Filippo arciduca d’ Austria e l’inno alla Beata Madre di Dio ‘Ad Beatam Dei Genitricem’ da inserire nella messa prima del vangelo (L’umanista Aronese Pietro Martire d’Anghiera, p.151e seg.,171 – 1992). Pietro Martire fu anche ottimo oratore soprannominato ‘Plinio il giovane’ e riassunse in forma poetica la ‘Storia naturale’ di Plinio.

Anche il pontefice Adriano VI lo avrebbe voluto a Roma ma per l’età avanzata Pietro declinò la richiesta. Adriano VI lo nominò Protonotario Apostolico. Il re di Spagna lo nominò Priore della Chiesa di Granada nella quale fu poi sepolto alla morte, avvenuta nel 1525. (Storia della letteratura italiana: Volume 12 - Pagina 1488) ( P. Tosi, Storia di Arona, vol II p. 318 e seg. – 1964). Purtroppo questo grande uomo non ha riscosso nella sua città natale, che tanto amava, i meriti e la riconoscenza che invece gli venne attribuita dai grandi di Spagna e dall’ intero mondo.

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